Viaggio a Roma

Cristo, Maria e il Papa erano i grandi amori della sua vita. E ora finalmente era lì, molto vicino al Vice-Cristo, quella notte dal 23 al 24 giugno 1946.

Madrid 19 giugno - Roma 23 giugno 1946

I suoi primi giorni romani

Nel primo pomeriggio di mercoledì 19 giugno, uscirono in macchina da Madrid. Guidava l’automobile, una piccola Lancia, Miguel Chorniqué. Passarono quella notte in un hotel di Saragozza.

Il giorno dopo, 20 giugno, era la festa del Corpus Domini. E, come al solito, andò a pregare davanti alla Madonna del Pilar.

Nella strada per Barcellona, lo stesso 20, giunse al monastero della Madonna di Montserrat a implorare la protezione della Moreneta e salutare l’abate Escarré, con il quale era stretto da una forte amicizia.

Il giorno 21 di mattina a Barcellona, visita la Madonna della Mercede. È il figlio che cerca in sua Madre, “onnipotenza supplicante”, tutte le raccomandazioni, tutte le forze e tutte le luci di cui avrà bisogno.

Poco prima delle sei di sera, concluse le operazioni di carico, biglietti, posta e documenti a bordo, cominciò la manovra di partenza della J. J. Sister, nave a motore varata nel 1896, di più di mille tonnellate.

Entrarono nel porto di Genova con sei ore di ritardo.

Alle undici e mezza di notte sbarcarono. Fecero rapidamente le commissioni di polizia e dogana, mentre don Álvaro e Salvador Canals li aspettavano impazienti.

Sorse domenica 23 giugno 1946. Il Padre e don Álvaro celebrarono la Messa alle sette e mezza in una chiesa vicina, partendo subito dopo per Roma in un’automobile noleggiata.

Lungo la strada fecero una sosta a Viareggio per mangiare.

Sulla terrazza dell’appartamento di Piazza della Città Leonina

Durante il viaggio, giornata di pioggia in tutta Italia, il Padre aveva pregato a lungo per il Papa. Quel 23 giugno sperimentava l’ansioso desiderio di arrivare presto nella Città Eterna. Quando intravide che si stagliava all’orizzonte, alla luce del crepuscolo, la cupola di San Pietro, si commosse visibilmente e recitò il Credo ad alta voce.

Saranno state le nove e mezza quando arrivarono a casa, un appartamento in Piazza della Città Leonina 9. L’appartamento che aveva preso don Álvaro poco prima che arrivasse il Padre era al piano più alto dell’edificio e aveva una galleria aperta, a mo’ di terrazza coperta, che dominava Piazza San Pietro dal di sopra della colonnata del Bernini. Si vedeva da molto vicino la finestra illuminata della biblioteca privata del Papa.

Questa vista, senza dubbio, provocò un altro colpo nel cuore del Padre e gli rubò definitivamente il sonno; mentre gli altri si ritiravano a dormire, stanchi per il viaggio, san Josemaría sarebbe rimasto a pregare tutta la notte.

Affacciandosi dalla terrazza dell’attico in piazza della Città Leonina, dove si erano alloggiati in subaffitto alcuni suoi figli, il Padre si rese conto di quanto fosse vicino in linea d’aria agli appartamenti del Papa. Li separava solo la strada e la bassa caserma della guardia svizzera.

Era sera e dalle finestre illuminate del Palazzo Apostolico avrebbe quasi potuto intravedere la sagoma di Pio XII. Si commosse profondamente e trascorse tutta la notte sulla terrazza, vegliando in preghiera sul riposo del Santo Padre.

Il Papa! Quanti ricordi! Quando a Madrid, già all’epoca di Pio XI, faceva lunghe camminate da una parte all’altra avvolto nel suo mantello, recitava il rosario e alla fine si immaginava di ricevere la comunione dalle mani del Papa. Il Papa era diventato uno dei suoi tre amori principali, insieme a Cristo e a Maria. E ora era lì. Era la notte tra il 23 e il 24 giugno 1946. L’alba fresca di Roma lo trovò ancora sulla terrazza, esausto per la notte insonne, ma con ineffabile gioia spirituale.

Consumato, sì, perché quella sera era arrivato a Roma dopo un viaggio avventuroso…

Forma giuridica per un nuovo fenomeno pastorale

Aveva ragione don Álvaro: la presenza del fondatore accelerò il complicato processo di approvazione. Le prime parole di affetto e d’incoraggiamento le ricevette da monsignor Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI, che mostrò sempre a Josemaría Escrivá amicizia e benevolenza. Pio XII lo ricevette in udienza dopo un paio di settimane. Prima aveva già parlato con altri membri dell’Opera, ma rimase molto colpito dalla figura del fondatore. In seguito confidò al cardinal Gilroy: «È un vero santo, un uomo mandato da Dio per i nostri tempi».

L’Opera, superata ormai la fase della gestazione, aveva bisogno di un’approvazione pontificia che garantisse la secolarità dei suoi fedeli, l’unità e l’universalità dei suoi apostolati in tutte le diocesi del mondo. Non bastava l’erezione diocesana. Ma quale veste giuridica per l’approvazione? Il diritto canonico non prevedeva una formula che potesse andar bene a un fenomeno pastorale nuovo – cristiani comuni che cercano la santificazione in mezzo al mondo attraverso il lavoro professionale ordinario –, che assomigliava soltanto a quanto operato dai primi cristiani. Álvaro del Portillo, a nome del Padre, si era recato a Roma due volte per cercare strade, ma aveva trovato le porte chiuse. L’Opera, gli avevano detto, è arrivata con cento anni di anticipo. Ci voleva la presenza del fondatore…

Ma il Padre era gravemente malato. Almeno dal 1944 soffriva di un’acuta forma di diabete mellito. «I medici sostengono», diceva allora, «che posso morire da un momento all’altro. Quando vado a letto, non so se mi rialzerò. E quando alla mattina mi alzo, non so se arriverò a sera». Il medico curante, un noto specialista, gli disse a proposito di quel viaggio: «Io non rispondo della sua vita». Ma bisognava farlo, e lo fece.

Si recò a Barcellona per imbarcarsi alla volta di Genova. Nella capitale catalana radunò i suoi figli e rivolse loro una meditazione. Non era la propria salute che lo preoccupava, ma il cammino giuridico dell’Opera. «Signore, tu hai potuto permettere che io, in buona fede, ingannassi tante anime? Ma se l’ho fatto per la tua gloria, e sapendo che è la tua volontà! E mai possibile che la Santa Sede dica che siamo arrivati con un secolo di anticipo? Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito! Non ho mai voluto ingannare nessuno. Non ho voluto far altro che servirti. Andrà dunque a finire che sono un imbroglione?». Lo ascoltavano emozionati quelli di Barcellona, che, pur bersaglio di violente calunnie, avevano imparato dal Padre a fidarsi pienamente della Provvidenza divina.

Insieme con il giovane storico del diritto José Orlandis, s’imbarcò sul vapore J.J. Sister. Giunti nel golfo del Leone si scatenò un’insolita, furiosa tormenta che fece pericolosamente ballare la nave per venti ore. Tutti, dal capitano fino all’ultimo passeggero, sballottati dalle onde, soffrirono forti disturbi, oltre al pericolo reale del naufragio. E il Padre era gravemente malato. Scherzando, ma non troppo, diceva al suo accompagnatore: «A quanto pare, al diavolo non piace affatto che arriviamo a Roma!».

Ma arrivarono. A Genova li aspettava don Álvaro. Raggiunsero Roma in automobile, affrontando tutti i disagi legati all’attraversamento di un Paese appena uscito dalla guerra.

Dopo un’udienza con Paolo VI

Colloquio con Pio XII

Di fatto, fu Pio XII a dare all’Opus Dei le tanto auspicate approvazioni pontificie, prima nel 1947 e poi quella definitiva nel 1950, che crearono il quadro giuridico, per quanto ancora imperfetto, indispensabile a garantire la necessaria stabilità. Furono anche molti i cardinali, vescovi e prelati che gli fecero visita nel modestissimo appartamento di piazza della Città Leonina.

L’amore teologale per il romano pontefice doveva durare e perfino crescere per tutta la sua vita. E parallelamente, quasi una risposta, crebbe l’affetto e la stima dei papi nei confronti dell’Opus Dei.

Giovanni XXIII e Paolo VI

Il Beato Giovanni XXIII con san Josemaría e Mons. Álvaro del Portillo

Giovanni XXIII aveva già conosciuto lo spirito dell’Opera, quando aveva visitato nel 1954 un collegio universitario a Santiago di Compostela, e aveva preso alloggio in un Centro di Saragozza. Il 5 marzo 1960 ci fu la prima udienza con il nuovo Papa.

Paolo VI lo trattava con amore paterno. «Consideriamo con paterna soddisfazione», diceva il Papa nel 1964, «quanto l’Opus Dei ha compiuto e compie per il Regno di Dio, il desiderio di bene che lo guida, l’amore fervente alla Chiesa e al suo capo visibile che lo distingue, lo zelo ardente per le anime che lo spinge sulle ardue e difficili vie dell’apostolato di presenza e testimonianza in tutti i settori della vita contemporanea».

«Quando voi sarete vecchi», diceva il Padre ai fedeli dell’Opus Dei, «e io avrò già dato conto a Dio, voi direte ai vostri fratelli che il Padre amava il Papa con tutte le sue forze».