“Una sola zuppiera”

Maria Marta ha 7 figli. Quest’anno, uno di loro, Pablo, ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale. Entrambi condividono un obiettivo: essere santi. Nell’intervista, madre e figlio rispondono alle medesime domande circa questo ideale di vita che provano a seguire facendosi condurre per mano da San Josemaría.

Maria Marta ha sposato a Buenos Aires Laureano Mones Cazón. Ha frequentato l’Istituto per il Turismo ma ha deciso di dedicarsi interamente alla cura della famiglia; attualmente lavora in una scuola. Quest’anno Pablo, uno dei suoi figli, ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale. Entrambi condividono un ideale: essere santi.

In questa intervista, madre e figlio rispondono alle medesime domande circa il loro ideale di vita che intendono seguire facendosi condurre per mano da San Josemaría.

Lo stesso menù per tutti

San Josemaría era solito spiegare che aveva “un’unica zuppiera per tutti”, il cui contenuto è la ricerca della santità nelle occupazioni ordinarie. Da questa “zuppiera” possono attingere il padre e la madre di famiglia, l’ingegnere, l’avvocato, l’operaio e anche il sacerdote… Don Pablo lo spiega così:

“In casa mia tutti abbiamo sempre mangiato le stesse cose. Mi sembra che nella vita cristiana succeda lo stesso: a tutti viene dato lo stesso “alimento”: l’orazione, i sacramenti… La religiosità dei miei genitori non ha mai attirato la mia attenzione, ma la loro fiducia in Dio, sì. Con il tempo ho scoperto che avevano un momento di orazione tutti i giorni. Devo a loro il novanta per cento della mia vocazione, e adesso, come sacerdote, mi auguro di sapermi affidare sempre a Dio come hanno fatto loro; altrimenti…sono finito”.

Che significa cercare la santità nella vita ordinaria?

Maria Marta: santificare il lavoro vuol dire farlo per Dio, offrendoglielo quando mi piace ma anche quando sono stanca e vorrei mollare tutto…cerco di portarlo a termine perché Gesù ha fatto così per me; a volte, quando guardo il crocifisso che tengo sulla scrivania gli dico: aiutami per questo problema che ho fra le mani o per quella persona…. Santificare il lavoro vuol dire lavorare con Dio.

Don Pablo: So che il mio lavoro sacerdotale dipende da Dio. Senza dubbio devo combattere affinchè i miei difetti non siano di ostacolo. E’ come in cucina quando si segue bene una ricetta. La zuppa è di Dio, ma se mi faccio vincere dalla pigrizia, dal capriccio, dal cattivo carattere… rovino la zuppa e finisce la festa…se lotto per essere puntuale, imparare, studiare sorridere… “esce fuori” la zuppa di Dio che è buonissima e alla gente piace molto! Ne chiedono di più! La ricetta si trova nel Vangelo e io cerco di imparare da uno “chef” straordinario che è San Josemaría.

La famiglia “al completo”, dopo l’ordinazione sacerdotale di Pablo.

San Josemaría diceva che non si può essere santi senza orazione: come concretizzi questo fatto giorno dopo giorno?

Don Pablo: cerco di “essere devoto”, non perché mi piace pregare, ma perché mi piace avvicinarmi ogni volta di più al Signore. Ho letto e visto nei video su San Josemaría come amava e parlava con Gesù, con la Vergine Maria, con San Giuseppe. Cercava di scoprire quello che faceva loro piacere e agiva di conseguenza. Per questo “chiacchiero” con Gesù la mattina presto mentre mi preparo per la Messa: voglio che veda che lo pongo al primo posto. Poi mi dedico alle mie attività giornaliere approfittando al meglio del tempo, che è sempre scarso. Recito la liturgia delle ore. Più tardi un rosario e parlo alla Vergine di tutte le persone che amo, del Papa, della Chiesa… a volte cerco di pregare altro, perché Lei fa più di me in quei dieci minuti.

Maria Marta: cerco di parlare con il Signore durante il giorno. Concretamente, quando mi alzo offro a Dio tutta la giornata; durante il tragitto fino a scuola dico il rosario. Quando arrivo al lavoro, vado alla cappella della scuola per fare un po’ di orazione prima di partecipare alla Messa, che per me è il momento più bello della giornata. A mezzogiorno recito l’Angelus con le mie colleghe di lavoro. E quando torno da pranzo, passo a salutare Gesù nel Santissimo Sacramento e sulla strada del ritorno a casa contemplo i misteri del rosario che non ho recitato la mattina. Alla fine della giornata leggo un po’ un libro che mi aiuta e prima di dormire faccio un breve esame di coscienza; dico un’avemaria… e a letto.

L’ideale è veramente alto! Come non scoraggiarsi?

Maria Marta con due dei suoi sei nipoti.

Maria Marta: con la Confessione. Quante volte chiedo perdono? Migliaia al giorno, sebbene mi confessi una volta alla settimana. La confessione mi aiuta a essere meno complicata: pentirsi e ricominciare da capo! Mi dà forza per andare avanti.

Don Pablo: mi confesso ogni settimana. Sono sicuro che se mi fossi sposato avrei dovuto chiedere perdono in famiglia molte volte al giorno. Sono ben lontano dall’essere santo e Dio è “un santo” con me. Come non chiedergli perdono per la mia mancanza di generosità? Penso che sia il minimo che possa fare. Tutte le volte che mi confesso mi sento rinascere...per la sua pazienza e per il suo amore verso di me.

Una vita così è degna di essere condivisa…

Maria Marta: Sì. In realtà non faccio niente di particolare per far avvicinare le mie amiche a Dio; cerco di essere una buona amica, questo sì. A volte… qualche favore, come loro fanno con me. Chiacchieriamo delle nostre cose e del modo di affrontare i problemi. Con Dio la vita si fa più semplice e per questo mi accorgo che le posso aiutare condividendo la mia fede, dicendo loro cose che a volte le aiutano. Esse sanno che ho dei momenti per parlare con Dio e a volte ne invito qualcuna ad accompagnarmi, mostrandole come faccio orazione o quale libro sto leggendo…

Don Pablo: quando ti avvicini a Dio ti dispiace tantissimo sapere che c’è gente che non lo conosce. Per questo, in primo luogo, Gli chiedo che più persone si avvicinino a Lui. Vorrei che Gesù Cristo fosse conosciuto fin nel più lontano angolo della Cina. Intanto cerco di stare ogni giorno più vicino a Lui specialmente quando celebro la Messa (in quel momento vado anche fino in Cina). Poi cerco d’essere un amico migliore per i miei amici; cerco di trovare il tempo per vederli, interessarmi delle loro difficoltà e aiutarli come loro fanno nei miei confronti. Il resto lo fa Dio con ciascuno. In Argentina, quando vogliamo dire che la gente non è sprovveduta e sa ciò che vale la pena, diciamo che “la gente non mangia vetro”. Tutti desiderano essere felici… e Dio sa ciò che è meglio per ognuno di noi.

Al centro, Laureano con i suoi sei figli maschi. Questa volta non ci sono le donne della famiglia: Maria Marta, la madre e Maria l’unica figlia.

Quale aspetto del messaggio di San Josemaría ti attrae in modo speciale?

Maria Marta: ho conosciuto l’Opus Dei all’età di 19 anni grazie a un’amica più grande di me che aveva molti, molti problemi familiari; quello che mi meravigliava era che non perdeva mai la sua allegria. E oltretutto pregava molto…molto più di me. Mi ha insegnato a fare tutti i giorni un po’ di orazione, e mi ha mostrato con la sua vita che impegnarsi seriamente per essere santa, per essere una buona figlia di Dio, è perfettamente compatibile con una vita da sposata, con figli, lavoro, amici, svago e con l’essere sempre gioiosi anche nei momenti di sofferenza.

Don Pablo: forse mi hanno attratto più le persone che il messaggio…avevo solo 14 anni. I miei genitori mi avevano insegnato che quando andavo da un amico dovevo salutare per primi i suoi genitori. Quando mi recai per la prima volta in un centro dell’Opus Dei, mi chiesero se volevo salutare il “padrone di casa”. Dissi di sì pensando a qualcuno che dirigeva il centro, ma mi portarono nella cappella dove c’era il Santissimo: Gesù Cristo.

Era gente comune, che credeva in quello che diceva e voleva viverlo. Ho capito che trattavano Dio molto intimamente. In seguito ho conosciuto di più San Josemaría, un padre molto padre. Un uomo come tutti e, allo stesso tempo, un santo. Con Dio sempre si può.