Un “si” coi fiocchi

Jesús Urteaga, sacerdote dal 1948, dottore in Legge e Teologia, Spagna. In quest’intervista concessa a Zenit racconta come è nato il suo «sì» per tutta la vita”.

Jesús Urteaga è sacerdote dal 1948, dottore in Legge e Teologia, scrittore di libri come “Dio e la famiglia”, o “Sempre allegri”; questo basco di 81 anni può affermare che i suoi libri superano il milione di esemplari venduti. Ma non lo racconta. Invece in quest’intervista concessa a Zenit racconta come è nato il suo «sì» per tutta la vita”.

Urteaga è uno degli ultimi giovani a cui san Josemaría Escrivá de Balaguer parlò direttamente perché si donasse a Dio nell’Opus Dei.

Siamo in un’epoca in cui costa dire di «sì»?

Certamente. Mi pare che ci sia molta debolezza tra le persone. Dicono che in alcune circostanze – non so se in molte – si vivono cose positive? Certamente. Il «sì» di cui parliamo è fatto di sacrificio quotidiano, di donazione; a volte comporta molta generosità. Ma vale la pena. Quando arriva la sera è grande la soddisfazione al momento di esaminare quanto abbiamo realizzato durante il giorno. I «sì» contano molto.

Siamo cristiani e sperimentiamo come in primo luogo Cristo, e poi i suoi, gli apostoli, dovettero camminare controcorrente. Il sacrificio è in tutte le pagine del Vangelo. Se sopprimessimo la croce resteremmo senza niente.

Non possiamo adattare la dottrina ai tempi. Sono i tempi che dobbiamo far aprire alla luce che nasce dal nostro Cristo. Si deforma la dottrina cristiana; cercano di adattarla alla mentalità in voga… e questo ci fa perdere.

Anche se ci costa, continueremo, per il fatto di essere cristiani, a rispondere «sì» a quello che ci risulta difficile ogni giorno.

In che momento pronunciò un «sì» per tutta la vita?

Per l’esame di stato con cui allora si terminava il liceo nel mio paese, dovetti andare da San Sebastián a Valladolid a esaminarmi . Quello che chiamiamo casualità è provvidenza. Lo dico perché a qualcuno venne in mente di domandare a Ignacio Echeverría – ora sacerdote in Argentina – e a me, se volevamo conoscere l’autore di Cammino che stava dando un ritiro per universitari nel collegio dove alloggiavamo. La risposta fu un «sì» coi fiocchi.

Il suo libro lo avevamo letto e riletto. Cammino sì che è pieno di «sì» generosi, efficaci, apostolici; molto amore a Dio e molto servizio a chi ci circonda.

Andammo a salutare colui che oggi è santo, proclamato così dal Papa Giovanni Paolo II per la Chiesa Universale: san Josemaría Escrivá. Ricordo che non aprimmo quasi bocca, diceva tutto lui. Ci parlò di santità nello studio, di apostolato con gli amici, di servizio generoso al Signore nelle circostanze normali di ogni giorno.

Qualche volta, successivamente, il fondatore dell’Opus Dei disse che Ignacio Echeverría, che ho citato, e io, fummo gli ultimi due giovani a cui parlò direttamente perché ci donassimo a Dio nell’Opus Dei.

Alla fine dell’Esame di Stato, ritornammo a San Sebastián molto contenti, anche per aver concluso con bei voti. Allegria che si estese a tutti i componenti del corso.

Poco dopo un amico che era dell’Opus Dei, sapendo quello che aveva detto san Josemaría del nostro incontro, ci parlò di nuovo – prima a Ignacio e poi a me – più a fondo dell’Opus Dei, mentre ci incoraggiava perché ci donassimo del tutto al Signore nell’Opera.

E dissi di «sì» per tutta la vita. A me parlò in concreto di donazione totale. Mi ricordo perfettamente il percorso che facemmo: quello che chiamiamo sempre a San Sebastián il “giro dei ponti”. E io, che non mi ero mai immaginato di vivere donato del tutto al Signore – visto che a quei tempi erano le ragazze ciò che occupavano la mia fantasia – mi trovai nell’attitudine di dover scegliere una nuova vita – nel lavoro quotidiano – ma vita di donazione a Dio e alle anime.

Il «sì» di Maria l’ha aiutato nella sua vita personale?

Quel pomeriggio, con il problemone addosso, andai sul monte Ulía per dire – con il potente aiuto di Santa Maria – un «sì» definitivo alla proposta che mi veniva fatta. Non era una cattiva data: martedì 13 agosto del 1940. Sono 63 anni di vita donata a Dio degli 81 anni che ho. Chieda a Santa Maria per me, perché sia generoso, molto generoso; e mi doni alle anime, che è la peculiarità di un sacerdote.

A chi devo il fatto che, da molto piccolo, nel rapporto con le donne mi fissavo solo sugli occhi? Non devo sforzarmi per mortificarmi: lo devo a Santa Maria. Lei me lo ha concesso gratis e la ringrazio un sacco.

Che cosa vuol dire per lei essere una donna o un uomo di criterio?

Una persona di principi. Coloro che hanno delle idee, delle norme che reggono non solo il pensiero ma tutta la condotta. Portato all’estremo, questa persona vivrà in modo – e completo con l’ultima domanda che mi fa: che strada porta alla santità? – da portare a termine un compito nella sua vita che termina in santità.

Bisogna riconoscere che se la vita di un cristiano non termina in santità è che ha fallito. Non ha contato su Dio in tutto. Non ha parlato di Dio a chi lo circonda. Non ha messo il cuore nel Signore, che invece sì che lo mette in noi.

Qual è questa strada che porta e termina in santità?

Per me questa strada è l’Opus Dei. Può essere la strada di molti; la maggioranza all’interno del matrimonio. Mi piacerebbe che lo conoscessi. Ci appoggiamo su un piano di vita in cui Gesù ha la parte più importante. C’è Eucaristia, amore alla Madonna, affetto alle persone, donazione generosa al prossimo, molto lavoro – cerchiamo di santificarci nel lavoro d’ogni giorno – molto apostolato. Molti «sì» alla fine della giornata.