Medico con passione

“- Bambino. - Malato. - Nello scrivere queste parole, non senti la tentazione di usare la maiuscola?” (Cammino 419). Vedere nel malato il Cristo bisognoso cambia interiormente, nobilita il medico e lo porta ad essere nei confronti del malato -semplicemente - buono.

Dall’inizio del XXI secolo i tempi sono caratterizzati da un atteggiamento olistico e interdisciplinare della medicina. Da una parte tecnicizzazione, computerizzazione, introduzione delle nuove tecnologie e dei nuovi farmaci, spesso frutto della conoscenza sempre più approfondita dei processi fisiologici a livello molecolare, dall’altra un approccio sempre meno individuale - fino ad essere impersonale verso il paziente, hanno portato la società all'avversione e alla critica e alla creazione di movimenti, organizzazioni e associazioni di controllo e di revisione delle procedure mediche e delle relazioni tra medici e pazienti.

La maggior parte delle persone ritiene che la medicina sia il campo in cui, insieme alla conoscenza, alla professionalità, all’esperienza e all’intuizione, è importante anche la moralità – etica professionale e umana. Dal medico ci si attende che sia non solo un buon professionista ma anche un “uomo”.

La medicina, quindi non è solo un mestiere. Attualmente abbiamo una diffusa standardizzazione delle terapie e della profilassi per le singole malattie; nei casi concreti però la decisione sul da farsi è risultato sì della conoscenza generale e dell’adattamento di essa alla determinata situazione ma, con non poca influenza, anche dell'umanità del medico.

Tenendo presente le realtà sociali sopracitate, riguardanti la professione del medico, si capisce perché i pensieri e i suggerimenti di San Josemaría Escrivá così spesso toccano i cuori, non solo dei pazienti ma anche dei medici. Il Fondatore dell’Opus Dei ha scritto in Forgia: “Se vogliamo davvero santificare il lavoro, dobbiamo inevitabilmente soddisfare la prima condizione: lavorare e lavorare bene!, con serietà umana e soprannaturale.” (698). Esaminando i suoi pensieri sul lavoro, troviamo due aspetti: professionalità e formazione spirituale. Il lavoro così concepito permette di essere più efficaci nel proprio agire per gli altri, ma anche santifica chi lo fa. Il lavoro fatto bene per Dio sarà sempre anche lavoro fatto bene per gli uomini.

Il medico che vuole essere in accordo con gli insegnamenti di San Josemaría tenderà sempre a migliorare la propria preparazione professionale. Non per realizzare le proprie ambizioni o per migliorare la propria situazione materiale, ma per essere più onesto e servire meglio i malati. La maggiore professionalità eviterà di cadere nella routine e di agire a livello della conoscenza teorica acquisita nel corso degli studi. Indipendentemente dall’esperienza, la coscienza obbliga a seguire sempre nuovi corsi, a superare nuovi esami, a partecipare a conferenze e seminari, tutto con umiltà. Contemporaneamente, questo seguire lo sviluppo della scienza non deve essere acritico, cioè “studiare tanto per studiare”, ma ricordandosi di quanto può essere iatrogeno il nostro agire sulla salute e avendo sempre presente il bene della persona. Più la nostra conoscenza è profonda, tanto più saremo capaci di scorgere la perfezione del Dio Creatore. Quanto ci meravigliano i numerosi processi biologici nell’organismo, in cui ogni trasformazione biochimica ha il suo fine e le sue conseguenze che si possono osservare a livello psicosomatico!

Vedere nel malato il Cristo bisognoso cambia interiormente, nobilita il medico e, nei confronti del malato, permette di essere - semplicemente – buoni

Parimenti importante, se non più importante, è la formazione spirituale del medico. Lavorare con le persone dà la possibilità di crescere quotidianamente mediante il sorriso, la dimostrazione di benevolenza e la comprensione dell’altro. San Josemaría scrisse in Cammino: “- Bambino .- Malato. - Nello scrivere queste parole, non senti la tentazione di usare la maiuscola?” È perché, per un'anima innamorata, i bambini e i malati sono Lui. (Cammino 419). Vedere nel malato il Cristo bisognoso cambia interiormente, nobilita il medico e, nei confronti del malato, permette di essere - semplicemente – buoni.

Anche se le frasi citate possono riferirsi anche ad altre professioni, penso che qui ci muoviamo sul terreno della salute e del più grande dono di Dio sulla terra, la vita. Il medico, ogni giorno, è in contatto con persone per lui estranee, senza legami di sangue, ma che gli hanno affidato il loro dono più prezioso - la vita. Nel caso della specializzazione in ginecologia-ostetricia, in modo particolare, al medico viene affidata non solo la vita della madre, ma anche quella del bambino, mentre è nel grembo e durante il parto.

Spesso i medici giovani, all’inizio del loro percorso professionale, pieni di passione, iniziano a realizzare il loro sogno di portare aiuto agli altri con grande dinamismo. Ma a causa dell’enorme mole di lavoro, delle incomprensioni, della stanchezza, della sensazione di non essere apprezzati, di non soddisfare i pazienti, e spesso sentendosi impotenti nei confronti delle malattie, cadono prima nell'indifferenza, poi nell’esaurimento della passione professionale, per diventare infine solo dei semplici artigiani.

La vita illuminata dalle parole di San Josemaría Escrivá dà la gioia di vivere nell'unità tra la propria immaginazione e il desiderio di essere sia buon medico che una buona persona

La vita illuminata dalle parole di san Josemaría Escrivá permette di rimanere sempre giovani fino alla fine della nostra vita. Essere fedeli ai propri ideali, e perseverare in essi con maggior passione, perché con maggior consapevolezza. Dà la gioia di vivere nell’unità tra i sogni e i desideri di essere un buon medico e un buon uomo, nella realtà della vita, dove si lotta contro la stanchezza, una cattiva organizzazione negli ospedali oppure contro le proprie debolezze, le ambizioni, la superbia. L’amore per Cristo permette di vedere Lui, ogni giorno, nell’altro, in modo che esso diventi il motore del nostro lavoro.

Nel nostro ambiente forse non abbiamo precisamente gli stessi problemi. Nel caso della specializzazione in ginecologia-ostetricia, non è possibile sottrarsi al problema dell’aborto, del controllo delle nascite, della fecondazione in vitro, o della nascita non priva di sofferenza. Il medico si scontra ogni giorno con queste problematiche. La donna, sia sana che malata, arriva con la sua situazione familiare, con la sua sessualità più o meno amata e cosciente.

La situazione in cui la paziente chiede l’aborto è sempre difficile per lei dal punto di vista puramente umano. Dietro ad ogni decisione ci sono argomentazioni che sembrano logiche, che si giustificano con le problematiche che comporta la nascita di un bambino. Ci sono situazioni dove i problemi sono chiaramente ingigantiti. Ma ci sono anche le famiglie dove i problemi sono reali: gravi problemi economici oppure malattie legate alle turbe psichiche o handicap motori dei genitori e/o sono già presenti figli malati. Un altro problema sono le richieste di interruzioni di gravidanza nel caso di figli affetti da sindrome di Down o da altre malattie genetiche legate a difetti letali che porterebbero il bambino alla morte. Come non cedere in una situazione del genere alla tentazione di essere giudice?

La consapevolezza che tutti siamo ugualmente importanti agli occhi di Dio: io medico, la madre del bambino, suo padre e lo stesso bambino, dà la sicurezza che tutti abbiamo gli stessi diritti. La consapevolezza di essere figli di Dio ci obbliga ad andare avanti, consapevoli che la lotta contro l’aborto non è solo la lotta per difendere la vita del bambino che deve nascere, ma essere con lui dal momento del concepimento. E la dimostrazione dello stesso amore per la madre e il figlio, perché tutti e due sono importanti. Due persone: una della quale conosciamo la situazione e l’altra che rimane mistero fino alla nascita. La sua nascita è la manifestazione, la rivelazione all’umanità dei piani di Dio.

Quando la consapevolezza di essere figli di Dio è fondamento incrollabile, non ci si può intromettere nel processo creativo di Dio

Quando la consapevolezza di essere figli di Dio è fondamento incrollabile, non ci si può intromettere nel processo creativo di Dio. Pur riconoscendo il grande valore della maternità e delle possibilità tecniche, l’uomo non può essere pienamente felice senza Dio, come diceva Giovanni Paolo II, e non è lecito partecipare nelle procedure in-vitro. Il medico non può agire solo per il bene della paziente.

L’ostetrico è il testimone del miracolo della nascita. Il parto è un processo fisiologico ma l’ostetrico controlla e può prevenire delle complicazioni durante il percorso. Il dolore e la sofferenza durante il parto non sono delle patologie. Hanno il loro senso e il loro significato per costruire il futuro legame tra madre e figlio. Sono, nella sostanza, l’inizio del risveglio delle basi profonde della maternità. Il primo reciproco contatto è la realizzazione dei piani divini ed è, contemporaneamente, su un altro piano, realizzazione della immagine della madre nei confronti del figlio. Per molte donne i dolori del parto sono pienamente accettati nella prospettiva della nascita di una vita nuova. Sono anche di aiuto per vincere la paura nei confronti della sofferenza in generale e delle difficoltà che si presentano con la nascita di altri figli. Diventa più facile credere che viviamo secondo i piani di Dio e che tutti siamo suoi figli.

Non so che aiuto possono avere altri ginecologi cattolici nell’agire in accordo con l’insegnamento della Chiesa. So che per me è stata essenziale la consapevolezza e la sperimentazione della verità della nostra filiazione divina. Verità della quale San Josemaría Escrivá parla spesso nei suoi scritti. Evitare la sofferenza e le difficoltà, realizzare i propri piani ad ogni costo non equivale alla felicità. Solo il compimento della Volontà di Dio è la condizione della nostra realizzazione.

Dott.ssa Beata Gulanowska – Gedek

II° grado di specializzazione in ginecologia- ostetricia

Ospedale Specialistico Regionale “Stefan card. Wyszynski” a Lublino

Assistente anziano