Santa grafologia

Josemaria Escrivá, oltre ad avere una parola fluida, penetrante e convincente, era dotato anche del dono particolare di rendere “visibile l'invisibile” attraverso una grafia, fedele specchio dei suoi più delicati sentimenti, dei suoi più profondi pensieri, nonché della sua fede incrollabile nel realizzarli.

Josemaria Escrivá, il fondatore dell'Opus Dei, canonizzato da Giovanni Paolo II a S. Pietro il 6 ottobre 2002, oltre ad avere una parola fluida, penetrante e convincente, era dotato anche del dono particolare di rendere “visibile l'invisibile” attraverso una grafia, fedele specchio dei suoi più delicati sentimenti, dei suoi più profondi pensieri, nonché della sua fede incrollabile nel realizzarli.

Era veramente un “patito” di “carta, penna e calamaio” (Manzoni) perché attraverso la penna riusciva a palesare temperamento e carattere (passioni, ideali, ansie, speranze, fede) e ... stato di salute.

Allo scoppio della rivoluzione spagnola, fuggendo da via Ferraz 16, dimenticò la vecchia e cara stilografica (ne perderà tante nella sua vita errabonda!). Si dovette così adattare a diverse penne, che, spesso gli procuravano fastidio e disagio. “Ti sto scrivendo -diceva a Paco Botella - con la minuscola penna di Jose Maria, che mi innervosisce per le sue “finezze”. E se gli capitava a tiro una “pennaccia”, decisa a macchiargli il foglio, la definiva scherzosamente “disastro” e “incontinente”.

Dal ritorno da un pellegrinaggio a San Giacomo di Compostela dove aveva dimenticato l'ennesima penna, se ne usciva: “Comincio a scriverti con una penna leggera, leggera ... Pazienza! Sarei dovuto nascere ai tempi delle penne d'oca, per adattarle alle mie necessità”. In altra occasione sentì lo scrupolo di scusarsi della sua grafia: “Guarda un po' che scrittura insulsa! Mi hanno dato una penna da badessa cistercense e la colpa è sua (della penna, non della badessa)”. Un giorno che si sentiva particolarmente male fisicamente, cercava di nasconderlo ai suoi scrivendo: “Sto molto bene di salute ... La scrittura non è mia: è della penna”.

Comprò una vecchia macchina da scrivere, ma i caratteri del suo “macinino” non lo soddisfacevano perché troppo anonimi e senza vita. Scriveva a fatica solo con due dita e, a furia di errori e cancellature, finiva con il ... bucare il foglio.

Una volta, piuttosto Irritato per una lunga anticamera, la penna gli si ruppe tra le mani. “Fiat: bisogna sopportare, scrivo con una penna rotta, più antipatica dell'attesa”.

Per una grafia dai segni forti, calibro grande (i maliziosi mormoravano: “per riempire presto il foglio”) e tratto deciso che esprimeva volontà, passione e desiderio di martirio per la causa dell'Opera, gli occorrevano ampi spazi e penne di... ferro. Povere matite: finivano tutte con “la punta rotta”!

Nella necessità di riferire tanti eventi urgenti al “figlio” Ricardo, una mattina, si mise a riempire un foglietto con una grafia fitta fitta, piccola piccola, ma al termine della “sudata” non nè poté più: “Ah! Questa scrittura minuscola, sono distrutto dalla fatica”. E subito di seguito con la solita grafia calibro grande: “Nessuna violenza può durare a lungo. Mariano, torna alla tua scritturaccia!” e proseguiva: “Mi occorre una penna a mia misura ... Se riesci a trovarmene una grande come la lancia di un guerriero e larga come le mie ambizioni - e sai pure quanto sono profonde - compramela”.

A conclusione di queste noterelle, desunte dal libro Il fondatore dell'Opus Dei, II volume: 1936-1946 di Andres Vazquez De Prada, (Leonardo International, Milano 2003) una proposta: perché non eleggiamo San Josemaria Escrivà (nomen, omen!) protettore della grafologia e dei grafologi?

Nota

Una ricerca, che ha avuto esito favorevole grazie alla collaborazione del prof. D. Carlo Pioppi dell'Università della Santa Croce di Roma, ci ha permesso di recuperare alcuni saggi della grafia di Josemaria Escrivà. Qui ne riproduciamo uno dì cui però non conosciamo l'eventuale rapporto di riduzione rispetto all'originale (Pacifico Cristofanelli).