Il "salto" dell’Atlantico

Sulla prima pagina del diario del primo centro di Palermo, il Padre scrisse: "In paupertate et laetitia". Il Padre li incoraggiò: "Mi rallegra la vostra gioia: e non c’è motivo perché non sia così".

Nel decreto con cui fu definitivamente approvato l’Opus Dei con il suo Diritto particolare, è contenuto un accenno alla crescita dell’Opera negli anni che vanno dal 1947 (promulgazione della Costituzione Apostolica Provida Mater Ecclesia) al 1950.

In quel breve lasso di tempo, si legge nel preambolo, è avvenuto un prodigioso sviluppo dell’Opus Dei. In primo luogo quanto al numero dei suoi membri, poiché “per divina bontà si è moltiplicato come il granello di senape seminato nel campo del Signore, che cresce fino a diventare un grande albero”. E poi “quanto all’estensione territoriale, poiché attualmente ha più di un centinaio di Centri, sparsi in diversi Paesi” (1).

In paupertate et laetitia

L’espansione fuori della Spagna non richiese da parte dell’Opera particolari preparativi. Durante l’estate del 1948 – come si è detto – alcuni giovani universitari avevano assistito a corsi di formazione a Molinoviejo. Di quei giovani il Padre scriveva a quelli di Roma: “Qui c’è un gruppo di portoghesi, di italiani e di messicani che, se li sapremo lanciare, saranno fondamenta forti e sante” (2).

Nell’autunno del 1949 alcuni di essi si erano già stabilmente inseriti in una mezza dozzina di Nazioni. Non avevano altre risorse economiche che i guadagni del loro lavoro, che è il mezzo abituale per sostenere l’attività apostolica dell’Opera. Dovunque – come si vedrà in seguito – gli inizi furono però molto duri. Per esempio, sulla prima pagina del diario del primo centro di Palermo, il Padre scrisse: In paupertate et laetitia. Infatti, non era difficile prevederlo, ben presto quelli di Palermo s’imbatterono nelle prime difficoltà. Il Padre li incoraggiò, richiamandoli a una santa gioia:

“Mi rallegra la vostra gioia: e non c’è motivo perché non sia così. (…) Pazienza. Le fondazioni delle nostre case – come accadde per l’Opera – avvengono così: la ricchezza della povertà, il volere di Dio e la nostra risposta, con tutta l’anima, tutti i sensi e tutte le forze!” (3).

Oltre all’Italia e al Portogallo, dove all’inizio don Josemaría intervenne personalmente, i suoi figli si stabilirono ben presto in Inghilterra, Irlanda, Messico e Stati Uniti; nel 1950, in Cile e in Argentina. L’espansione era cominciata in Europa. Il 28 dicembre del 1946, giunse a Londra un giovane ricercatore in biochimica, Juan Antonio Galarraga; altri lo avrebbero presto raggiunto: “Quelli che vanno a Londra – aveva scritto il Padre pochi giorni prima – devono pensare a Dublino e a Parigi. È urgente preparare le cose in tutti e tre i Paesi” (4).

Nell’ottobre del 1947 si iniziò a Dublino e a Parigi. In Irlanda si recò un ingegnere, José Ramón Madurga, che subito trovò lavoro e si inserì rapidamente. Non passò molto tempo e il Fondatore poté parlare del “miracolo dell’Irlanda”, poiché prima ancora che egli potesse inviare nell’isola un sacerdote dell’Opera, il Signore aveva già fatto aderire diversi irlandesi – uomini e donne – all’incipiente lavoro apostolico (5).

Il lavoro a Parigi aveva alcuni precedenti storici. Il Padre lo fece presente a Fernando Maycas e ai due studenti, Álvaro Calleja e Julián Urbistondo, che lo accompagnavano, nel momento di impartire la benedizione per il viaggio. Ricordò loro i preparativi, del giugno 1936, interrotti dallo scoppio della guerra civile spagnola. Invece, le preghiere e la mortificazione del Fondatore per l’apostolato in Francia non avevano subito interruzioni. A Parigi i tre portarono come reliquia un pezzo del sudario di Isidoro Zorzano, che il Padre volle fosse consegnato loro per mettere sotto la sua intercessione quell’avventura apostolica (6).

Il salto dell’Atlantico

Il Fondatore pensò giustamente che il salto dell’Atlantico richiedesse un viaggio di perlustrazione. Diede perciò incarico a Pedro Casciaro di recarsi in America e di visitare buona parte degli Stati del continente (7). Questi, di ritorno in Spagna, informò il Padre degli esiti del suo viaggio, ed egli decise di cominciare dal Messico e dagli Stati Uniti. Il 18 gennaio 1949 Pedro si trovava già nella capitale messicana e il 19 marzo l’Arcivescovo di Città del Messico celebrava la Messa nell’oratorio del primo centro dell’Opus Dei in America (8).

Non vi posso dare niente: soltanto la mia benedizione

Alcune settimane prima, giovedì 17 febbraio, arrivava a New York José Luis Múzquiz, accompagnato da Salvador Martínez Ferigle. Quando erano partiti da Madrid, il Padre, dispiaciuto di non poter dare loro neppure qualche dollaro, aveva detto: “Figli miei, non vi posso dare niente: soltanto la mia benedizione” (9). Aveva aggiunto: “Dovete diventare molto americani, con buon umore, gioia e visione soprannaturale”. Ma aveva anche dato loro un regalo più prezioso del denaro: un’immagine della Vergine, un piccolo quadro che aveva presieduto circoli e tertulias nella stanza dell’Hotel Sabadell di Burgos, dove il Padre e altri avevano abitato nel 1938 (10).

Ti siamo molto vicini!

Il Fondatore li avrebbe accompagnati ben volentieri nel viaggio, per condividere le divine avventure della prima ora. Molto spesso, quando scriveva ai primi che avevano messo piede in un Paese remoto, il suo cuore ardeva di desideri apostolici e gli venivano in mente ricordi lontani, che in lui suscitavano una santa invidia (11). Insisteva sempre sulla giusta prospettiva apostolica che dovevano mantenere:

“So che stai aprendo strada in quella città immensa. Ti sto vicino e prego per te, perché con la tua fedeltà e il tuo lavoro riuscirai a far sì che, fra un po’ di tempo, ci sia un grande lavoro di anime. A volte provo per voi una vera invidia; mi fate ricordare i primi tempi, anch’essi eroici” (12).

Il Padre, dalla sponda del presente e ritornando con il pensiero alla fase di gestazione dell’Opera, vedeva i suoi figli al sicuro, sotto la protezione della Vergine. E se commettevano qualche imprudenza o qualche sbaglio, era certo che il Signore se ne sarebbe servito per far loro guadagnare esperienza e maturità. Non aveva forse fatto lo stesso con lui, intervenendo spesso in modo insospettato e provvidenziale? Da lontano, il Fondatore proteggeva i suoi figli con la preghiera, giorno e notte. Moderava le loro impazienze, li incoraggiava nelle fatiche, faceva loro compagnia nell’isolamento (13). Il rischio che qualcuno sentisse il freddo della solitudine era reale. Perciò egli aveva spiritualmente presenti in ogni momento i suoi figli che stavano da soli in terre lontane:

“Carissimi londinesi – scriveva da Roma, – quante volte vi citiamo, in questa casa! Leggiamo e rileggiamo con avidità le vostre lettere” (14).

“Mi rendo conto della tua solitudine – scrisse a un altro, isolato in Cile – che è solo apparente (ti siamo molto vicini!)” (15).

Tutti erano imbarcati nella stessa impresa e ne erano consapevoli. Ma non tutti erano avvezzi alle dure esperienze che ben conosceva il Fondatore, o avevano la pazienza di aspettare con calma i frutti anelati, che tardavano ad arrivare. Ritardi che provocavano nervosismo e facevano loro dimenticare che prima di seminare è necessario “un lavoro benedetto di aratura” (16), e che, dopo la semina, bisogna dar tempo al tempo, perché la semente metta radici, cresca e dia frutto. Il Fondatore non si stancava di ricordarlo agli uni e agli altri:

“Statevene contenti: dissodare è una cosa molto bella… per tipacci come voi!” (17), scriveva a quelli di Parigi; incoraggiava anche quelli che stavano negli Stati Uniti:

“Che cosa invidiabile è dissodare! Ve l’ho già detto altre volte: tanto più se il raccolto sarà rapido e fecondo, come accadrà da voi” (18).

In qualche Paese, eccezionalmente, la terra era pronta e soffice. Dopo solo tre mesi dall’inizio del lavoro in Messico il Padre poteva scrivere da Roma:

“Sono molto contento di voi e, poiché quella terra è fertile, sono in attesa del raccolto quasi subito dopo la semina” (19).

Ma nonostante i suggerimenti soprannaturalmente ragionevoli del Padre sulla necessità di dissodare e di esercitare la pazienza, ai suoi figli, persone molto giovani, tutto sembrava troppo lento.

Per questo il Fondatore, che portava sulle proprie spalle un pesante fardello di impegni economici e di carenza di persone, doveva continuamente moderare la propria e altrui impazienza. Era la fase nascosta e umile degli anni dell’espansione, prima che il Signore invitasse a entrare nell’Opus Dei un bel po’ di persone dei nuovi Paesi:

“Roma, 20 giugno 1950.

Carissimi: Gesù benedica i miei figli dell’Inghilterra.

Leggo e rileggo le vostre lettere, sempre con la speranza che presto ingraniamo la marcia in quelle terre. Pregate e abbiate un po’ di pazienza.

Nel frattempo state molto uniti, compitemi bene le norme e convincetevi che la vostra fatica attuale, oscura e senza sviluppo, è indispensabile per arrivare alle tappe successive.

Ho davvero molta voglia di vedervi! Qui tutto molto bene, ma piano. Così vi do esempio di pazienza.

Un abbraccio molto forte e la benedizione di vostro Padre

Mariano” (20).

“Sorpresine e sciocchezze”

Don Josemaría, con quasi un quarto di secolo di esperienza fondazionale, si aspettava che il Signore benedicesse i suoi figli con la croce, che era sempre stata la via normale dell’Opus Dei. È vero che c’erano sempre piccole difficoltà, che il Padre chiamava “sorpresine e sciocchezze”, cui non attribuiva alcuna importanza. Ma li avvisava che non sarebbero mancati sul loro cammino ostacoli più rilevanti. Al “miracolo irlandese”, per esempio, un vero rosaio dalla fioritura inattesa, non tardarono molto a spuntare le spine, come il Padre riconobbe in una lettera del giugno 1950 alle sue figlie di

laggiù:

“Carissime, vi ringrazio di cuore per le vostre lettere, che leggo sempre con molto piacere. A suo tempo ho saputo della piccola contrarietà che avete avuto: non immaginate che grande gioia ho provato, al pensiero che il Signore permetteva finalmente che cominciaste a soffrire un pochino per la vostra vocazione” (21).

“Come vedete, la cosa in sé non ha alcuna importanza”, proseguiva il Padre. Erano parole di consolazione, perché la sofferenza delle sue figlie dell’Irlanda durò lunghi mesi. Un anno dopo tornò a scrivere loro sullo stesso argomento:

“Roma, 23 aprile 1951.

Gesù mi protegga le figlie dell’Irlanda.

Carissime, sono molto contento di voi e sono sicuro che anche il Signore è contento.

State allegre: quando si segue Gesù bisogna sempre fare i conti con qualche benedetta contrarietà. E la vostra è proprio piccola. Siate fedeli e la nube passerà presto.

Quanto e quale bene ci aspettiamo dall’amatissima Irlanda, per il servizio della Chiesa, nostra Madre, e per l’estensione del Regno di Cristo! La Santissima Vergine vi presieda sempre e, così, sarete come l’Opera ci vuole, seminatrici di pace e di gioia.

La benedizione di vostro Padre

Mariano.

Vi invio una immagine della Madonna, che vi consegneranno con questa lettera” (22).

La contrarietà, causata da un fraintendimento, fu dissipata dal trascorrere del tempo e dalla prudenza del Fondatore. Si era trattato di un chiaro esempio delle difficoltà che avevano alcuni ecclesiastici – in questo caso l’Arcivescovo di Dublino, mons. McQuaid – a comprendere il carattere secolare dell’Opus Dei e la novità che gli Istituti Secolari rappresentavano nella storia della Chiesa. Definendo l’accaduto una “piccola contrarietà”, il Fondatore invitava le sue figlie e i suoi figli a non perdere la serenità, a non mancare alla carità e ad astenersi dal giudicare (23).

Invitandoli a pazientare di fronte all’atteggiamento negativo di mons. McQuaid, raccomandava a uno di loro:“Calma! Non dimenticare che il Signore scrive diritto sulle righe storte” (24).

Il Fondatore dell’Opus Dei, I, Andrés Vázquez de Prada. Ed. Leonardo International, Milano.

Note

(1)- Decreto Primum inter (16-VI-1950), in Amadeo de Fuenmayor e altri, op. cit., Appendice documentale, doc. 31, pp. 767-780.

(2).- Lettera ai suoi figli di Roma, da Molinoviejo, in EF-480901-2.

(3).- Lettera ai suoi figli di Palermo, in EF-491121-1.

(4).- Lettera ai suoi figli del Consiglio Generale, in EF-461206-2.

(5).- Cfr José Ramón Madurga, PM, f. 291; Juan Antonio Galarraga Ituarte, RHF, T-04382, p. 2.

(6).- Cfr Fernando Maycas Alvarado, RHF, T-06140, pp. 1-2.

(7).- Cfr Lettere a Pedro Casciaro, da Madrid e da Roma, in EF-480418-1 e EF-480616-1; Lettera ai suoi figli del Consiglio Generale, in EF-480311-2.

(8).- Cfr Lettera ai suoi figli del Messico, da Madrid, in EF-490213-1; Pedro Casciaro, Sum. 6346-6347. L’Arcivescovo Primate di Città del Messico era mons. Luis María Martínez. Il Centro dell’Opus Dei era in Calle de Londres, n. 33.

(9).- José Luis Múzquiz, RHF, T-04678/1, p. 46. Cfr pure Lettera ai suoi figli del Messico, da Madrid, in EF-490213-1.

(10).-L’immagine della Vergine fu collocata nell’oratorio di Woodlawn Residence, a Chicago, il primo negli Stati Uniti (cfr José Luis Múzquiz, RHF, T-04678/1, p. 46). Per l’Hotel Sabadell, cfr Vol. II, cap. XI, § 4.

(11).- Cfr Lettera ai suoi figli del Messico, da Madrid, in EF-490213-1.

(12).- Lettera a José Manuel Barturen Palacios, in EF-551030-1.

(13).- Benché il Fondatore cercasse, fin dai primi tempi, di inviare più di una persona nei nuovi Paesi, di fatto alcuni restarono soli. Così il Padre scrisse a José Ramón Madurga: “Anche se in questi primi tempi sei isolato – non ‘da solo’ – a Dublino, questo isolamento, vissuto con spirito soprannaturale, deve essere la base forte del lavoro che si avvicina” (Lettera, da Madrid, in EF-481109-1). Rimasero isolati pure José María González Barredo, a Chicago (cfr Lettera, in EF-480309-1), e Adolfo Rodríguez Vidal, a Santiago del Cile (cfr Lettere, in EF-500531-9, EF-500620-10, ecc.).

(14).- Lettera ai suoi figli dell’Inghilterra, in EF-490119-3.

(15).- Lettera a Adolfo Rodríguez Vidal, in EF-501028-7.

(16).- Lettera ai suoi figli dell’Inghilterra, in EF-490530-2. “Non dimenticate che dissodare è un lavoro duro – scriveva il Fondatore a quelli di Parigi – ma rende possibile la semina e il raccolto” (Lettera a Fernando Maycas e Álvaro Calleja, da Madrid, in EF-490418-2).

(17).- Lettera ai suoi figli della Francia, da Madrid, in EF-490216-1.

(18).- Lettera ai suoi figli degli Stati Uniti, da Madrid, in EF-490223-2.

(19).- Lettera ai suoi figli del Messico, da Madrid, in EF-490418-5.

(20).- Lettera, in EF-500620-4. Il lavoro degli inizi fu descritto dal Fondatore in una lettera al Cardinale Bernard Griffin, Arcivescovo di Westminster nel 1943 e creato Cardinale nel 1946: “I miei figli di Londra hanno svolto finora un’attività spirituale di preparazione e perciò poco appariscente. È una tappa sempre e dovunque necessaria, all’inizio, prima di poter fare un ampio apostolato: adattarsi all’ambiente, padroneggiare la lingua, stabilire i primi contatti…” (EF-500314-2).

(21).- Lettera, in EF-500620-5.

(22).- Lettera, in EF-510423-2.

(23).- Nell’ottobre 1947 José Ramón Madurga, membro dell’Opus Dei, si era recato a Dublino per seguire un corso di specializzazione all’University College. Per incarico del Fondatore fece visita all’Arcivescovo, mons. John Charles McQuaid. L’Arcivescovo interpretò male la sua venuta, credendo che una nuova istituzione religiosa stesse per stabilirsi nella sua diocesi. In seguito, sempre su indicazione del Padre, andò a Dublino Pedro Casciaro, che cercò di spiegare a mons. McQuaid la vera natura e l’apostolato dell’Opus Dei, ma l’Arcivescovo non accordò il permesso per aprire una residenza universitaria a Dublino. Neppure una lettera del Fondatore (in EF-480311-4), le successive visite di don José María Hernández Garnica, nonché un colloquio con mons. Ettore Felici, Nunzio a Dublino, fecero cambiare parere a mons. McQuaid, tutto preso dall’idea che l’Opus Dei fosse una congregazione religiosa. Eguale sorte ebbero altri tentativi di fargli capire la legittimità della presenza all’Università dei laici dell’Opus Dei e il loro diritto di fare apostolato (cfr Lettera a mons. John Charles McQuaid, in EF-510422-1). Un anno dopo, a seguito di un lungo colloquio con mons. Álvaro del Portillo, l’Arcivescovo accordò il suo permesso (11-VIII-1952) per l’apertura di due Centri a Dublino, uno per gli uomini e uno per le donne (cfr AGP, Sez. Espansione apostolica, Irlanda I/5, 24 e I/5, 25). Da allora, mons. McQuaid ebbe e dimostrò sincero affetto e stima per l’Opus Dei.

(24).- Lettera a José Ramón Madurga e a Patrick Cormac Burke, in EF-500620-6.

(25).- Cfr Lettera a Francisco Botella, in EF-500623-1.