La tata e Cammino

"Mi parlò con molta semplicità di come dovevamo essere utili agli altri per avere una vita feconda, e mi spiegò - con una chiarezza insolita per me - cos’era l'apostolato". La storia di una tata che imparò a leggere grazie al libro Cammino.

Proveniva da Lastres, un paesino di pescatori delle Asturie. Il suo nome era Azucena Olivar Sánchez, ma per i miei fratelli e per me era sempre "la tata." Era stata la nostra bambinaia, ed aiutò molto mia madre che era in difficoltà con nove figli, la casa, e gli affari di mio padre che passava lunghi periodi in Messico ad occuparsi delle imprese che aveva lì.

Era una persona straordinariamente allegra. I primi ricordi che ho di lei la descrivono come una ragazza di circa trent’anni, capelli scurissimi, piuttosto robusta, col viso gradevole e sorridente, sempre sollecita con i piccoli di casa e molto arguta nel parlare. Conosceva un'infinità di storie, di detti e racconti che ci andava trasmettendo e che io considero come uno dei nuclei della tradizione in cui mi sono formato.

Alla prima occasione, tirò fuori il libro per il quale voleva che le insegnassi a leggere. Si trattava di Cammino, di san Josemaría Escrivá.

Anni dopo, quando mio fratello Nacho cercava di portarmi a qualche gita organizzata in un Centro dell'Opera, io mi rifiutavo, perché mi sembrava assurdo patire freddo e fame, arrampicandosi e camminando fino all’esaurimento sulla Sierra di Guadarrama. Ma, in fondo, io temevo che quelle escursioni fornissero l’occasione per porre il problema della mia possibile vocazione all'Opera, questione nella quale non volevo in nessun modo entrare. La tata si metteva sempre della mia parte e diceva a mio fratello di lasciarmi in pace. Nacho desisteva di fronte alla tata, rispettata e amata da tutti fino alla venerazione. Ed io la ringraziavo intimamente per avermi dato una mano.

Subito ebbi l'occasione di manifestarle con opere la mia gratitudine, perché in quel periodo si mise in testa di imparare a leggere, e mi scelse come suo professore. Azucena non sapeva leggere né scrivere, e non sembrava che in assoluto ciò gli fosse necessario. Senza avere cultura, si destreggiava perfettamente nella vita e non giungeva notizia che qualcuno fosse stato capace di ingannarla. Ma, quasi improvvisamente, le venne un desiderio incontenibile di saper leggere. Io la presi in giro parecchio, dicendole che era molto furba, ma che sarebbe rimasta ignorante per tutta la vita.

Lei stessa mi aveva raccontato, ridendo, che da bambina frequentava molto poco la scuola, perché i pescatori che facevano parte della sua famiglia erano molto poveri, e lei doveva svolgere vari lavori per portare qualche soldo a casa. Le poche volte che andava alla scuola, la maestra -che apprezzava le sue capacità - chiedeva di farle delle commissioni - il che la divertiva più che star chiusa in un'aula.

Azucena era una donna pia e Cammino era un libro che circolava per casa e con cui, chi più chi meno, qualcuno faceva un po’ di meditazione

Ma questa volta non alluse affatto alla sua indifferenza verso ogni tipo di apprendimento scolastico. E, alla prima occasione, tirò fuori il libro per il quale voleva che le insegnassi a leggere. Si trattava di Cammino, di san Josemaría Escrivá. Non rimasi stupito, perché - con molta naturalezza - Azucena era una donna pia e Cammino era un libro che circolava per casa e con cui, chi più chi meno, qualcuno faceva un po’ di meditazione, sebbene io lo conoscessi appena.

Ricordava qualcosa delle lettere e delle sillabe. Ripassammo velocemente quei rudimenti e ci mettemmo a leggere il primo punto: "Che la tua vita non sia una vita sterile….". Non aveva mai letto niente.

Ma una volta terminato il testo iniziale, si girò verso di me e mi spiegò il suo contenuto. Mi parlò con molta semplicità di come dovevamo essere utili agli altri per avere una vita feconda, e mi spiegò - con una chiarezza insolita per me - cos’era l'apostolato.

Mi lasciò completamente attonito. Ma fu solo il principio. Non tardò ad arrivare a leggere quasi speditamente e, senza sbagliarne uno, mi commentò successivamente i rimanenti 998 punti.

Quasi ogni giorno dedicavamo un po’ di tempo alla sua lezione di lettura. Ma quei minuti giunsero ad essere, senza nessuna giustificazione da parte sua né manifestazione di stupore da parte mia, una lezione di ascetica e mistica che Azucena mi impartiva come fosse un Dottore della Chiesa. Perché parlava di quelle profondità della vita in Dio, non come chi trasmette una dottrina appresa, ma come qualcosa che lei conosceva per esperienza, quasi fosse innato.

Ogni tanto scherzavo sulla sua saggezza, o mettevo in discussione, in vena di spiritosaggini, qualcosa di ciò che lei aveva detto (e che io notavo essere semplicemente la verità).

Grazie alla tata, incominciai ad avere realmente vita interiore. Cominciai a fare orazione sul serio, sebbene con fatica. E Gesù divenne per me una persona viva, con cui potevo parlare nelle mie attività quotidiane.

La cosa certa è che mi sentivo molto impressionato, come se stessi assistendo a qualcosa di straordinario, senza spiegazione umana, benché avesse luogo nella stanza minuta che la tata occupava nel nostro piano della strada madrilena di Castelló. Quelle lezioni magistrali mi cambiarono dentro completamente. Grazie alla tata, incominciai ad avere realmente vita interiore. Cominciai a fare orazione sul serio, sebbene con fatica. E Gesù divenne per me una persona viva, con cui potevo parlare nelle mie attività quotidiane.

Non misi più ostacoli per frequentare il Centro dell'Opera dove andava mio fratello. E, quando mi parlarono di vocazione, accettai immediatamente. Ebbi la certezza che era arrivato in un porto che, per certi versi, era definitivo. Neppure dubitai quale fosse la prima persona a cui avrei comunicato la mia decisione. Quel pomeriggio del 12 gennaio la tata era in cucina perché non c'erano oramai bambini a cui badare, ed era diventa un'eccellente cuoca.

Quando le diedi la notizia, invece di stupirsi come mi aspettavo, mi sorrise e, con la sua malizia di pescivendola asturiana, esclamò: - Ci sei caduto come un mazcatu.

Il mazcatu è un uccello simile al gabbiano che osserva il mare dall'alto del suo volo e, quando scopre un pesce, si lascia cadere in verticale su di lui e lo cattura.

E quello fu il momento in cui noi due mettemmo le carte in tavola. Lei doveva imparare a leggere perché gli avevano consigliato di fare ogni giorno un po’di lettura spirituale. Contagiata dalle mie sorelle e dai fratelli, anche lei si era avvicinata all'Opera e, poco prima di me, aveva chiesto l'ammissione. La fine di questa storia è che la tata morì dopo anni, in odore di santità, dopo avere continuato ad aiutare tutti quelli della famiglia con la sua profonda vita soprannaturale ed il suo acuto senso dell'umorismo. Aveva avvicinato a Dio molte persone che rimanevano stupite dalla profondità di quella saggezza cristiana che lei mi dimostrò per la prima volta, leggendo insieme Cammino.

Olor a yerba seca. Memorias, Alejandro Llano, Ediciones Encuentro, Madrid (2008).

L'autore, Alejandro Llano, è Professore di Filosofia presso l'Università di Navarra, Spagna