Escrivà e Wojtyla: Santi Ribelli

Gli insegnamenti di questi due santi li ritrovo oggi, sotto il pontificato di Benedetto XVI, nel suo esortare la Chiesa a guardare la genuina figura di Cristo, per realizzare una vigorosa nuova evangelizzazione che deve iniziare dalla riscoperta del messaggio del Dio fatto uomo, ogni giorno, nella vita di ciascuno.

Sono trascorsi cinque anni da quando Giovanni Paolo II, in una piazza San Pietro colma di pellegrini, ha canonizzato il fondatore dell’Opus Dei, San Josemaria Escrivà. Ricordare quel giorno è per me motivo di profonda commozione, perché ne sono stati protagonisti due uomini santi, che con il loro esempio hanno orientato la mia esistenza. Ho avuto la fortuna di lavorare al loro fianco per molti anni: sin da quando ero un giovane sacerdote con San Josemaría, successivamente con Giovanni Paolo II. La loro vicinanza spirituale è stata fonte di luce e incoraggiamento negli anni del mio ministero sacerdotale e del mio servizio alla Chiesa. Ricordo ancora la forza con cui il Santo Padre, nell'omelia di canonizzazione di San Josemaría, ha detto alla moltitudine dei fedeli che lo ascoltavano a Roma e nel mondo: «Egli continua a ricordarvi la necessità di non lasciarvi intimorire dinanzi a una cultura materialistica, che minaccia di dissolvere l'identità più autentica dei discepoli di Cristo». In quel momento ho visto identificati nella mia anima i due grandi ribelli che sono stati Wojtyla ed Escrivà.

Il Papa, strenuo difensore della dignità della persona umana, si è ribellato di fronte all'utopia totalitaristica della «giustizia senza libertà» e all'utopia agnostica della «libertà senza verità». E il fondatore dell’Opus Dei che ha vissuto e predicato la ribellione spirituale contro ciò che chiamava la «triplice onda», anticristiana e antiumana: l'onda «rossa» del materialismo marxista, l'onda «nera» del neopaganesimo rivestito di laicità, e l'onda «verde» di una pseudocultura che riduce il sesso a un istinto animalesco.

Ventidue anni al fianco di una persona come Josemaria Escrivà sono tanti. Ho sempre avuto la certezza che fosse un santo: il Signore lo ha «utilizzato» per fondare l’Opus Dei proprio perché era un contemplativo, un innamorato di Cristo. Dalla contemplazione della santissima umanità di Cristo, dell'amore di Dio incarnato, San Josemaria «risaliva» - così diceva - al continuo rapporto filiale con il Padre e lo Spirito Santo, che ci insegna a camminare con i piedi per terra e lo sguardo rivolto al cielo. Entrambi rappresentano per me maestri di fede vissuta. Giovanni Paolo II per il suo senso apostolico travolgente che lo portava a entrare in sintonia con i suoi interlocutori, fossero essi folle oceaniche o incontri a tu per tu. È stato non solo un grande Papa, è stato un modello per ogni cristiano. Perché ha immesso in ogni aspetto della sua vita la carica vitale della fede, a cominciare dalla sua responsabilità di Pastore ma anche nella letteratura, nell'arte, nella scienza, nello sport e nei rapporti umani.

Così come da San Josemaría ho imparato che cosa significa curare il proprio rapporto con Dio, giorno per giorno, con naturalezza in mezzo alle occupazioni più quotidiane. Il modello di Escrivà sono i primi cristiani che, senza abbandonare il posto che ricoprivano nella società, vivevano una fede fervente e luminosa, tanto da essere riconosciuti dai pagani per come si amavano tra loro e per come erano sensibili verso ogni vero valore umano. E gli insegnamenti di questi due santi li ritrovo oggi, sotto il pontificato di Benedetto XVI, nel suo esortare la Chiesa a guardare la genuina figura di Cristo, per realizzare una vigorosa nuova evangelizzazione che deve iniziare dalla riscoperta del messaggio del Dio fatto uomo, ogni giorno, nella vita di ciascuno.

La Stampa, 6 ottobre 2007