Discorso di Benedetto XVI alla Confartigianato nel 60° anniversario di fondazione

Nota in proposito san Josemaría Escrivá, un Santo di questi nostri tempi, che “il lavoro non solo è l’ambito nel quale l’uomo vive, ma mezzo e strada di santità, realtà santificabile e santificatrice”.

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Sabato 31 marzo 2007

Cari amici, la vostra presenza mi offre l’opportunità di riflettere su un aspetto importante dell’esperienza umana. Mi riferisco alla realtà del lavoro, che, nell’attuale momento storico, si trova al centro di vasti cambiamenti economici e sociali, mutamenti che sono sempre più rapidi e complessi. Nella Bibbia, in più pagine, viene posto in luce l’autentico senso del lavoro umano, ad iniziare dalla Genesi dove leggiamo come il Creatore plasmò l’uomo a sua immagine e somiglianza e lo invitò a lavorare la terra (cfr Gn 2,5-6). Il lavoro pertanto appartiene alla condizione originaria dell’uomo. Fu purtroppo a causa del peccato dei progenitori che diventò fatica e pena (cfr Gn 3,6-8), ma, nonostante ciò, nel progetto divino esso mantiene inalterato il suo valore. E la Chiesa, fedele alla Parola di Dio, non cessa di richiamare il principio secondo cui “il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro” (Laborem exercens, 6). Proclama così senza sosta il primato dell’uomo sull’opera delle sue mani, e ricorda che tutto deve essere finalizzato al vero progresso della persona umana e al bene comune: il capitale, la scienza, la tecnica, le risorse pubbliche e la stessa proprietà privata.

Ciò ha trovato felice realizzazione proprio nelle imprese artigiane che voi rappresentate, ispirate agli insegnamenti del Vangelo e ai principi della Dottrina Sociale della Chiesa. Mi piace qui richiamare quanto, in proposito, afferma il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, che cioè “il lavoro nelle piccole e medie imprese, il lavoro artigianale e il lavoro dipendente, possono costituire un’occasione per rendere più umano il vissuto lavorativo, sia per la possibilità di stabilire positive relazioni interpersonali in comunità di piccole dimensioni, sia per le opportunità offerte da una maggiore iniziativa e imprenditorialità” (n. 315).

E la Chiesa, fedele alla Parola di Dio, non cessa di richiamare il principio secondo cui “il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro”

Cari artigiani, in occasione del Grande Giubileo dell’Anno Duemila il mio Predecessore Giovanni Paolo II ebbe a rivolgervi alcune significative parole, che mantengono inalterata la loro attualità ed urgenza. Quest’oggi vorrei simbolicamente riconsegnarle all’intera Confartigianato: “Voi potete ridare forza e concretezza – vi disse l’amato Pontefice - a quei valori che da sempre caratterizzano la vostra attività: il profilo qualitativo, lo spirito di iniziativa, la promozione delle capacità artistiche, la libertà e la cooperazione, il rapporto corretto tra la tecnologia e l’ambiente, l’attaccamento alla famiglia, i rapporti di buon vicinato”. “La civiltà artigiana – egli aggiunse - ha saputo costruire, in passato, grandi occasioni di incontro tra i popoli ed ha consegnato alle epoche successive sintesi mirabili di cultura e di fede”(Insegnamenti di Giovanni Paolo II, 2000, vol. I, p. 372).

Nota in proposito san Josemaría Escrivá, un Santo di questi nostri tempi, che “il lavoro, essendo stato assunto da Cristo, diventa attività redenta e redentrice: non solo è l’ambito nel quale l’uomo vive, ma mezzo e strada di santità"

Cari amici, continuate con tenacia e perseveranza a custodire e a valorizzare la cultura produttiva artigiana, capace di dar vita a grandi occasioni di equilibrato progresso economico e di incontro tra uomini e popoli. Come cristiani, poi, sia vostro impegno vivere e testimoniare il “Vangelo del lavoro”, consapevoli che il Signore chiama tutti i battezzati alla santità attraverso le loro quotidiane occupazioni. Nota in proposito san Josemaría Escrivá, un Santo di questi nostri tempi, che “il lavoro, essendo stato assunto da Cristo, diventa attività redenta e redentrice: non solo è l’ambito nel quale l’uomo vive, ma mezzo e strada di santità, realtà santificabile e santificatrice” (È Gesù che passa, Omelie, n. 47).

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