Discorso del Gran Cancelliere nel atto accademico per il ventennale del Centro Accademico Romano della Santa Croce

Dalla preoccupazione del Santo Fondatore dell’Opus Dei per la formazione, e in modo particolare per quella dei sacerdoti, nacque — fra tante altre iniziative in tutto il mondo —, anche il suo desiderio di stabilire a Roma un Centro di studi ecclesiastici superiori.

Desideriamo oggi, con l’animo colmo di gratitudine al Signore, ricordare il 20º anniversario, compiutosi ieri, del decreto Dei Servus, con cui la Congregazione per l’Educazione Cattolica eresse in data 9 gennaio 1985 il Centro Accademico Romano della Santa Croce, che è stato il nucleo della nostra attuale Università: esso era costituito dalle Sezioni romane delle Facoltà di Teologia e di Diritto Canonico dell’Università di Navarra, e fu istituito nell’ottobre precedente dal mio carissimo e venerato predecessore Mons. Álvaro del Portillo, facendo così divenire realtà un sogno a lungo accarezzato da San Josemaría Escrivá.

Inoltre, in questa occasione saranno anche presentati i quattordici volumi del Congresso svoltosi tre anni orsono, in occasione del centenario della nascita di San Josemaría Escrivá, pochi mesi prima della sua canonizzazione. Gli atti saranno meglio illustrati dal Magnifico Rettore, il cui intervento ascolteremo fra poco; personalmente mi limiterò ad alcune brevi riflessioni sull’anniversario dell’Università.

A nessuno sfugge che la formazione di tutti i fedeli, adeguata alle specifiche vocazioni e missioni, costituisca una delle maggiori necessità del Popolo di Dio in ogni tempo. Dalla preoccupazione del Santo Fondatore dell’Opus Dei per la formazione, e in modo particolare per quella dei sacerdoti, nacque — fra tante altre iniziative in tutto il mondo —, anche il suo desiderio di stabilire a Roma un Centro di studi ecclesiastici superiori.

Come scrisse Mons. del Portillo nel 1985 in un messaggio alla Facoltà di Teologia dell'Università di Navarra, l’Università «ha come programma rispondere alle ripetute chiamate di Sua Santità Giovanni Paolo II affinché i teologi e i canonisti [e tutti i cultori delle scienze ecclesiastiche] svolgano il loro lavoro con lealtà alla dottrina di Gesù Cristo, trasmessa fedelmente dal Magistero, e, allo stesso tempo, rispondano ai problemi e alle necessità della cultura contemporanea»1.Approfondire sempre più la conoscenza di Dio e dell’uomo, in ordine a raggiungere un’unità di vita personale, e partecipare all’opera evangelizzatrice della Chiesa entrando in dialogo con gli uomini del nostro tempo: ecco il panorama appassionante che si schiude davanti ai nostri occhi e richiede da noi tutti un impegno quotidiano e costante.

È importante, infatti, ricordare sempre che tutta l'attività dei centri ecclesiastici di studi superiori deve orientarsi, in ultima istanza, all'edificazione della Chiesa e a vantaggio dei fedeli. Ciò costituisce il contributo specifico delle università e facoltà ecclesiastiche alla missione evangelizzatrice della Chiesa, giacché il Signore ha bisogno di apostoli che sappiano trasmettere agli altri ciò che prima hanno assimilato nello studio e nella preghiera; ciò che cercano di vivere con esemplarità2.

Si tratta, infatti, di fronte all’attuale situazione che guardiamo sempre con obiettività e con ottimismo, di partecipare alla promozione di una nuova cultura, di una nuova legislazione, che rispondano pienamente al piano di Dio sul creato e alla dignità dell’uomo. L’obiettivo è davvero grande e per realizzarlo contiamo innanzitutto sull’aiuto del Signore, con la piena coscienza che ad esso devono prendere parte tutti i membri del popolo di Dio senza eccezione. È in questo compito e in questa missione che s’inserisce il contributo specifico di coloro che coltivano le scienze, sia sacre che profane. Questo contributo, poi, darà i frutti desiderati solo a due condizioni: innanzitutto, che raggiunga un livello sempre più alto di competenza scientifica; e, in secondo luogo, che si evitino i compartimenti stagni e si punti decisamente verso un lavoro interdisciplinare, nel quale ogni ramo della scienza comunichi con gli altri e porti il proprio contributo alla realizzazione del compito comune. Mi pare necessario sottolineare l’importanza attuale, se mai è stato altrimenti, dell’interdisciplinarietà, di modo che le scienze dello spirito e quelle positive camminino di pari passo, per puntare decisamente verso la verità in tutte le sue sfaccettature, verità che rende liberi (cfr. Gv 8, 32) e trova in Cristo la sua pienezza, perché Egli solo è «la via, la verità e la vita» (Gv 14, 6).

Con l’aiuto di Dio — sia a Lui tutta la gloria! — il piccolo seme gettato vent’anni or sono con l’istituzione del Centro Accademico Romano della Santa Croce ha attecchito e messo radici, grazie anche alla sollecitudine di Mons. Álvaro del Portillo e alla collaborazione dei docenti, del personale amministrativo, degli studenti e di tanti benefattori che hanno dato il loro apporto alla crescita e alla progressiva maturazione della Pontificia Università della Santa Croce, decorata con questo titolo da Giovanni Paolo II il 15 luglio 1998.

I nomi che il nostro Centro di studi ecclesiastici ha avuto nel corso di questi vent’anni di esistenza rispondono alle diverse tappe della sua configurazione giuridica: inizialmente, come ho già ricordato, fu chiamato Centro Accademico Romano della Santa Croce, poi Ateneo Romano della Santa Croce (9 gennaio 1990), successivamente Pontificio Ateneo della Santa Croce (26 giugno 1995) e, infine, Pontificia Università della Santa Croce (15 luglio 1998). Desidero qui sottolineare che l’appellativo “romano”, con il quale nacque la nostra Università, indica una sua aspirazione fondamentale, che dovrà mantenersi sempre, perché “romanità” significa innanzitutto stretta unione con il Santo Padre e fedeltà piena ai suoi insegnamenti, universalità di un anelito che si riversa sui cinque continenti, carità e comprensione verso tutti gli uomini.

A due decenni di distanza da quella prima erezione, il mio pensiero — a cui chiedo di unirvi — va innanzitutto al Signore, per ringraziarlo degli innumerevoli benefici che ha effuso su di noi e dei frutti abbondanti finora raccolti. Grazie anche alla Vergine Santissima, Sedes Sapientiae, alle cui cure materne abbiamo affidato ogni nostro passo. Grazie ugualmente a San Josemaría Escrivá, che — soprattutto con la sua preghiera — gettò le basi su cui è sorta l’Università.

Grazie anche al Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, che vediamo spendersi giorno dopo giorno per il bene della Chiesa senza badare a se stesso e che ha espresso in innumerevoli documenti la sua sollecitudine per la promozione di una cultura degna dell’uomo e ha seguito con sguardo paterno lo sviluppo della nostra Università fin dalla sua nascita.

Colgo anche l’occasione per esprimere all’Em.mo Card. José Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, che ha voluto essere presente fra noi, il più sentito ringraziamento mio personale e di tutti i componenti dell’Università per il ruolo decisivo che egli ebbe, allora come Segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, nel conferimento alla nostra istituzione del predetto titolo di Pontificia Università.

Guardando verso il futuro, siamo ben consci che dobbiamo perseverare nel nostro sforzo per raggiungere sempre più pienamente i fini che caratterizzano l’Università. Per assolvere questo compito, contiamo fiduciosamente sull’aiuto di Dio, che non ci mancherà mai se da parte nostra cerchiamo di rispondere con generosità.

È finito ieri il tempo liturgico di Natale e nei nostri cuori rimangono scolpite in maniera indelebile le figure del Presepe — e, al centro di esse, di Gesù Bambino con Maria Santissima e San Giuseppe —, che rappresentano in un modo ineffabile l’amore di Dio verso di noi. Proseguiamo ora sulla via che il Santo Padre Giovanni Paolo II ci ha indicato nel dedicare l’anno in corso alla Santissima Eucaristia: il sacrificio di Gesù sulla Croce è rinnovato ogni giorno sui nostri altari pro mundi vita; Egli è presente in mezzo a noi e rimane nel tabernacolo perché ci rivolgiamo a Lui con fiducia e, conoscendolo e amandolo fino a identificarci con Lui, santifichiamo il nostro lavoro ordinario di ricerca e di trasmissione della verità e impariamo a essere in ogni istante della nostra vita suoi testimoni, per portare a tutti gli uomini il suo messaggio di pace, di verità e di amore.

Note

1. A. DEL PORTILLO, Messaggio alla Facoltà di Teologia dell'Università di Navarra per l'atto accademico in occasione del 25º anniversario della fondazione, 12 giugno 1985, in Rendere amabile la verità. Raccolta di scritti di Mons. Álvaro del Portillo, Libreria Editrice Vaticana 1995, p. 577.

2. Cfr. A. DEL PORTILLO, Omelia nella Santa Messa per l’inaugurazione dell’anno accademico 1991-1992, 21 ottobre 1991: «Romana» 7 (1991), p. 265.